Treni: dell'errore umano si fa un capro espiatorio

Non è accettabile una società in cui sia così alto il rischio di morire nella quotidianità di raggiungere il posto di lavoro o di studio

Viterbo -

Sono anni che denunciamo che i processi di privatizzazione demoliscono le tutele dei lavoratori e della collettività, che la sicurezza in particolare viene quotidianamente sacrificata sull’altare del profitto, ma solo quando succedono incidenti di questa rilevanza tutti sembrano accorgersi. Qualche giorno di polemica, un capro espiatorio ricercato tra i dipendenti dell’azienda e poi tutto continua come prima.

 

Sono state tagliate centinaia di corse sulle tratte percorse dai pendolari, chiuso stazioni locali minori a favore del progetto dei treni ad alta velocità, ritenuto il segmento più redditizio e tutto il resto –le linee “normali” – sono state derubricate a servizio che non copre i costi.

 

Le ricorrenti ristrutturazioni hanno imposto tagli al personale e introdotto misure come il macchinista unico e il sistema dell’Uomo Morto, una pedalata ogni 55 secondi  che aziona un allarme sonoro, senza il quale il treno entra in frenata d’emergenza; un sistema molto poco costoso che però peggiora le condizioni di lavoro del macchinista e non garantisce la sicurezza della circolazione. Fu proprio sotto la gestione di un amministratore delegato proveniente dal vertice della FILT CGIL, Mauro Moretti, che venne introdotto questo meccanismo riducendo del 50% i macchinisti sui treni e avviando la più gigantesca riorganizzazione delle ferrovie con lo spacchettamento delle stesse in molteplici società, Trenitalia, RFI ecc, e conseguente privatizzazione, con il complice beneplacito di CGIL CISL UIL.

 

Sul fronte occupazionale, i ferrovieri sono calati da 220.000 a meno di 70.000. Tagliati i macchinisti, i capistazione, le biglietterie, gli addetti alla manutenzione sia dei treni che, soprattutto, della rete.

 

Oggi in Parlamento  Del Rio arriva a lamentarsi del fatto che in Italia  “non è mai stata  fatta la cura del ferro”,  che il sistema di sicurezza operante in quel tratto di binario unico dove è avvenuta la tragedia tra Andria e Corato, il cosiddetto blocco telefonico, “è un sistema obsoleto e che esistono tecnologie molto più sicure”.

Nel Lazio ci sono 348 km di linee ferroviarie a binario unico che rappresentano il 28,7% del totale nazionale. Solo a Viterbo abbiamo tre tratte a binario singolo: la Roma-Civita Castellana-Viterbo, da Montebello a Viterbo 89 km, gestore Atac, del 1932. La ferrovia Roma-Capranica-Viterbo, da Cesano a Viterbo, del 1894, con gestore RFI (Rete Ferroviaria Italiana) e la Ferrovia Viterbo-Attigliano, 40 km, di proprietà RFI del 1866.

 

Si parla da decenni del raddoppiamento della ferrovia Viterbo- Cesano, a tutt’oggi non solo abbiamo ancora il binario unico ma questo è percorso da un treno adibito al servizio metropolitano non adatto a percorrere la tratta di 80 km che ci divide da Roma ed è per questo motivo che ogni giorno, a causa di una pioggia un po’ più insistente o di una gelata d’inverno che si blocca tutto. E ancora la linea Roma -Civita Castellana-Viterbo non è provvista ad esempio del il famoso blocco automatico che prevede di rilevare la posizione dei treni in circolazione tramite tratte fisse individuate sui binari.

 

Purtroppo le stesse logiche di privatizzazione che tagliano su personale e su sistemi di sicurezza, vengono applicate al sistema dei trasporti, alla sanità, alla scuola, e in tutti gli altri settori nevralgici per la società. La politica dei tagli alla spesa pubblica ha rarefatto i servizi per i cittadini e quei pochi che esistono sono precari e poco affidabili. Riteniamo, quindi, che sia doverosa una seria riflessione da parte dei vertici politici perché non è accettabile una società in cui, ancora oggi, nell’era della tecnologia, sia così alto il rischio di morire nella quotidianità di raggiungere il posto di lavoro o di studio.

 

E allora invece di fermarsi a misurare soltanto le responsabilità dell’ultimo anello della catena, occorre alzare lo sguardo verso chi ha il dovere giuridico di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori e dei cittadini.

 

 

USB Viterbo