Ferite invisibili: Cosa significa perdere la propria casa o i propri cari in termini psichici?
Nel trattare il tema della tragedia che si è abbattuta su tutto il centro Italia abbiamo chiesto alla dott.ssa Grazia Bandiera, psicologa e psicoterapeuta, quali sono gli effetti psicologici, e le possibili cure, per i sopravvissuti al terremoto.
Come reagisce la nostra mente e il nostro corpo durante un terremoto?
Un evento improvviso e destabilizzante come quello di un terremoto mette a dura prova la capacità della nostra mente di reagire elaborando nell’immediato una strategia adeguata all’emergenza. Può sembrare strano ma siamo abituati alla normalità, a situazioni che non richiedono un continuo stato di all’erta. Così di fronte a un evento improvviso e pericoloso, possiamo sì mettere in atto strategie che ci permettano di salvarci, per esempio fuggendo immediatamente dal luogo del pericolo, ma possiamo anche reagire bloccandoci in una sorta di immobilità disorientata (il così detto freezing) o continuare con le nostre attività come se nulla stesse accadendo, per esempio rimettendoci a dormire nell’attesa che la scossa passi.
La nostra mente e il nostro corpo, indissolubili nella loro dualità, registrano l’evento senza avere la capacità di elaborarlo nell’immediato e a volte neanche successivamente. Esso rimane impresso in noi, senza possibilità di dirlo, comprenderlo, spiegarlo.
Quali sono le conseguenze del trauma subito?
Le conseguenze sono diverse per ciascuno di noi. La difficoltà e spesso l’impossibilità di spiegarsi l’accaduto, di accettarlo ed elaborarlo, soprattutto se a causa del terremoto abbiamo perso tutto, casa, affetti, lavoro, la nostra storia e le nostre origini, possono portare nell’immediato all’insorgenza di un disturbo post traumatico da stress, caratterizzato dalla continua riesperienza del trauma, come se la nostra mente fosse rimasta lì, congelata e immobile, costretta a rivivere l’evento, presentificandolo, e da insonnia, ansia costante e paura.
A medio e lungo termine possono manifestarsi ansia generalizzata e depressione, ma anche disturbi psicosomatici, perché l’evento traumatico si inscrive nella mente quanto nel corpo, anche se inconsciamente possiamo tentare di rimuoverlo “dimenticando”. Naturalmente ci sono risposte emotive del tutto fisiologiche; provare paura, rabbia, impotenza e disperazione di fronte a un evento così devastante è naturale. Poterlo esprimere, condividerlo, trovare chi sia disposto ad ascoltarlo e contenerlo, fondamentale.
Cosa significa perdere la propria casa e i propri cari?
Perdere tutto, casa e affetti, significa perdere la propria identità, quei punti di riferimento che ci fanno sentire protetti, che ci fanno sentire noi. Io sono me in quanto in relazione con, la mia famiglia, i miei amici, il mio paese. La casa non è fatta solo di mattoni e cemento, è fatta di anni di progetti, lavoro, sacrifici, momenti di condivisione e amore. La casa contiene e protegge la nostra storia, i nostri ricordi.
Cosa significa sopravvivere alla catastrofe? C’è, poi, chi resta e chi se ne va.
Molti sono rimasti vicino, quasi a proteggere ora la casa che ha protetto loro, a proteggere la loro storia, continuare a viverla. Altri se ne vanno. Chi perché può, ha un’altra casa, chi per fuggire dal dolore indicibile di quanto accaduto.
Chi sopravvive ad una catastrofe può avere vissuti e reazioni differenti. Può reagire in modo positivo, soprattutto se tutta la famiglia si è salvata, considerando un miracolo l’essere ancora vivo/a e provare un vissuto nuovo di ottimismo e capacità di reazione positiva ai piccoli grandi problemi del quotidiano. L’evento critico in questo caso determina un nuovo modo di affrontare le difficoltà.
Spesso però sopravvivere a un terremoto significa essere sopravvissuto agli altri, alle persone che si amano, che erano vicine.
Dolore e senso di colpa possono prevalere, generando forte depressione, con chiusura in se stessi, persino ideazioni suicidarie, ma anche condotte pericolose, abuso di alcol e droghe e somatizzazioni gravi.
Come si interviene in termini psicologici sulla popolazione adulta?
Nell’immediato può venire in aiuto la Psicologia dell’Emergenza, che lavorando in team con organizzazioni come la Protezione Civile, si occupa sia delle persone direttamente coinvolte sia dei soccorritori e della comunità in cui l’evento critico si è verificato. Nei confronti delle vittime coinvolte l’intervento di primo aiuto psicologico si caratterizza per la finalità di alleviare il disagio acuto espresso da risposte emotive fisiologiche a situazioni estreme nelle loro prime fasi di impatto, attraverso l’ascolto empatico, e aiutando le persone a riconoscere le proprie risorse psicosociali per gestire il trauma personale e a recuperare capacità decisionali e di azione. L’intervento ha anche la funzione di prevenire e/o diagnosticare tempestivamente un disturbo post traumatico da stress.
A medio e lungo termine si possono prevedere interventi di Psicoterapia, sia individuale che di gruppo, che aiutino ad elaborare l’evento traumatico e le conseguenze che questo ha prodotto. In particolare i gruppi di sostegno psicologico alle vittime possono fare la differenza, in quanto condividere le emozioni e il dolore con chi ha vissuto la stessa esperienza può aiutare a sentirsi meno soli e a trovare insieme risorse e strategie di fronteggiamento al senso di perdita, disperazione e alienazione che un evento del genere può scatenare.
Sui bambini?
I bambini sono più fragili degli adulti, in quanto hanno capacità cognitive e di ragionamento complesso ancora in costruzione. Eppure spesso ci stupiscono con la loro capacità di comprensione e soprattutto di resilienza. Naturalmente per favorire queste capacità è necessario che i bambini siano supportati dando loro la possibilità di esprimere le emozioni attraverso attività come il gioco, il disegno e le storie. Inoltre è fondamentale che bambini e bambine possano continuare a vivere la propria quotidianità compiendo i gesti di ogni giorno. Per questo, per esempio, è importante prevedere l’immediata costruzione di una scuola, là dove sia andata distrutta.
Si può fare prevenzione?
È stata da più parti auspicata la necessità di prevedere non solo interventi post evento, atti a favorire l’elaborazione del trauma e il recupero delle risorse individuali e sociali, ma anche interventi di prevenzione, che prevedano corsi di informazione e formazione sul terremoto, così frequente nel nostro paese. Si è visto infatti quanto poco le persone siano informate e formate su come comportarsi durante un terremoto e quali misure preventive possano prendere.
Naturalmente il discorso è complesso e se la psicologia può occuparsi del supporto emotivo di chi ha vissuto un evento traumatico, favorire una “cultura della sicurezza”, come l’hanno chiamata alcuni colleghi in questi giorni, è compito anche di altre istituzioni. Noi psicologi siamo pronti a dare il nostro contributo.
Emanuela Dei