Diritti negati al Dico discount di Capranica: il coraggio è donna
Lavorare per vivere o vivere per lavorare? Al Dico discount di Capranica i contratti si rinnovano ma a caro prezzo! L’azienda pretende la costante presenza H24 dei lavoratori che altrimenti vengono licenziati! Questa è la storia di Valentina e della fabbrica dei diritti negati
Capranica scalo, frazione cittadina tendenzialmente tranquilla, questa mattina alle 10:00 si è svegliata nel mezzo di una mobilitazione di protesta supportata dalla sigla sindacale USB e dal comitato di lotta ex lavoratori e disoccupati di Viterbo e Civita Castellana, davanti ai cancelli d’ingresso del Dico discount. Il motivo? Non si tratta della solita storia di contratti non rinnovati e di persone che scendono in piazza a manifestare, no.
Al Dico i contratti si rinnovano eccome, ma a caro prezzo! L’azienda pretende, anzi esige, la costante presenza dei lavoratori oltre il dovuto. Sembra impossibile, eppure è così. Coloro i quali avevano firmato contratti da 40 ore settimanali si trovano costretti a lavorarne oltre 50 senza retribuzione, né il recupero degli straordinari. In buona sostanza i lavoratori si sono trovati ad elemosinare un permesso, a non avere il diritto di effettuare visite mediche, nonché a vedersi cancellare circa la metà dei propri giorni di riposo durante l’anno. Una riduzione in schiavitù? Una tirannìa? Insomma qualcosa che brucia anni e anni di lotte e di diritti conquistati alla faccia della Costituzione Italiana!
Ma ad un certo punto della storia, qualcuno trova il coraggio di alzare la testa, di guardare negli occhi il suo persecutore (un termine diplomatico, per non aggiungere altri aggettivi poco edificanti). E guarda caso è una donna, Valentina, una giovane donna che dopo un lungo periodo di pressing psicologico, trasforma il suo malessere in coraggio, dicendo basta! La goccia che fa traboccare il vaso avviene nel gennaio scorso, quando i titolari del Dico discount comunicano a tutto il personale che le aperture domenicali si sarebbero effettuate per sempre e non limitatamente alle festività cerchiate in rosso sul calendario.
Volantino locandina Valentina
(clicca sulla foto per leggere)
I lavoratori provano a rinegoziare la decisione della direzione chiedendo una “normale” turnazione dell’orario lavorativo per lasciar spazio alla famiglia e alla vita privata. I rapporti si inaspriscono fino al momento in cui Valentina, “rea” di essere iscritta al sindacato, viene licenziata lo scorso settembre avendo un contratto a tempo indeterminato. Ma lei non si ferma e prosegue la sua lotta, con sorriso solare, fiducioso e aperto alla vita. Questa giovane lavoratrice ha deciso di non nascondersi, di gridare la sua rabbia assieme ai suoi compagni di sventura. Lei vuole raccontare la sua storia al mondo, di diritti negati, di promesse mai mantenute, di soprusi e di mobbing.
Questa giovane donna potrebbe essere nostra figlia, nipote, sorella, che per costruirsi un futuro chiede solo di lavorare in pace, onestamente, e di poter vivere la sua vita in modo libero e normale, e noi tutti – che siamo (o dovremmo essere!) la parte sana della società con cui si confronta – abbiamo il dovere di sostenerla.
RG tornerà sull’argomento, ascoltando questi ragazzi e – se vorranno – i gestori del supermercato; intanto leggete quanto scritto dalle ex lavoratrici sui volantini distribuiti.
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VALENTINA E LA FABBRICA DEI DIRITTI NEGATI
Ci sono luoghi in cui la crisi non perdona, aziende che chiudono per fallimento, situazioni tragiche che sempre di più sono comuni nel nostro Paese.
Ma quello a cui spesso passiamo sopra, è il fatto che con la scusa della crisi vengono cancellate conquiste contrattuali e lavorative frutto di anni di lotte.
È quello che succede in questi tempi in tante aziende italiane, è ciò che è successo anche presso il Dico Discount di Capranica Scalo, con l’unica differenza che qui sembra che i diritti vengano calpestati da ben prima della crisi del 2008.
In questo stabile le due aziende presenti (“VI.MA.” per il Discount e “Cangioli Vittorio” per la tabaccheria) hanno gli stessi metodi, da anni coloro che avevano firmato contratti da 40 ore settimanali erano costretti a lavorare oltre le 50 ore senza la retribuzione né il recupero degli straordinari. In buona sostanza si sono trovati ad elemosinare un permesso, a non avere il diritto di effettuare visite mediche, nonché a vedersi cancellati circa la metà dei propri giorni di riposo durante l’anno; cioè in occasione delle festività Natalizie (quattro settimane consecutive), Pasquali. Ogni qual volta nella settimana si ventilava la possibilità di una festività nazionale, veniva considerata la stessa festività in rosso nel calendario come giorno libero.
Quando ad un altro dipendente nell’azienda venivano concesse le ferie era scontato che si saltasse il giorno libero, ci veniva comunicata all’ultimo momento la cancellazione del giorno di riposo il sabato sera per la settimana successiva.
Fino a che i lavoratori dopo aver effettuato un tour de force ulteriore, data l’apertura domenicale delle feste natalizie, ne hanno avuto abbastanza e a gennaio 2015, dopo la comunicazione che l’apertura domenicale sarebbe stata da lì in poi permanente, è scattata la protesta congiunta di alcune lavoratrici intenzionate ad ottenere i loro diritti sanciti dalla Costituzione Italiana.
Richiedendo una normale turnazione dell’orario lavorativo che avrebbe lasciato spazio alla loro vita privata hanno visto inasprire sempre più i loro rapporti con la direzione fino a che il 19 settembre scorso, senza preavviso, una dipendente con contratto a tempo indeterminato, la prima che aveva effettuato l’iscrizione ai sindacati, è stata licenziata per “riduzione personale”. Il solito banale pretesto!
Per chi come noi si rivede in questa aberrante situazione, per chi ha subito ingiustamente sfruttamento, pressione psicologica, per chi stringe i denti e continua a lavorare ogni giorno in un posto in cui si sente un numero, si unisca alla nostra lotta, partecipi, faccia sentire la propria voce, sui diritti calpestati di chi lavora con coscienza e onestamente, perché se oggi in Italia “le cose vanno così”, è anche grazie al fatto che in pochi alzano la testa e finché le teste alte saranno poche per coloro che fanno solo i propri interessi sarà possibile passarci sopra.
Le ex lavoratrici